venerdì 15 aprile 2011

Ho smesso di sorridere

Mi ha sempre fatto sorridere il disprezzo che hanno certe persone nei confronti di coloro che si battono per il sociale, che credono nell'ugualianza delle persone, che aiutano in un modo o nell'altro e come meglio possono o riescono gl'altri, chiunque siano. Ed ancor di più la solita, trita e ritrita, solfa di luoghi comuni e ironia laida e dozzinale: "comunista con la barca/maglione di cashmere", "amico dei poveri/deboli ma prende dei bei soldi però" e altre varianti sul genere.

Mi ha sempre fatto sorridere non perchè non esistano persone che fan buon viso a cattivo gioco, che predicano bene e razzolano malissimo, che fingono filantropia o, per dirla tutta, che praticano l'ipocrisia ma perchè al di là di questo è palesemente sciocco pensare che non esistano vie di mezzo tra fare San Francesco o il Cinico arrivista.

Dovrebbe essere chiaro come il sole che una persona che crede, che ne so, in uno stato sociale non è automaticamente un comunista, dovrebbe essere chiaro che impegnarsi, che ne so, per aiutare i poveri mondo non significhi automaticamente privarsi delle proprie comodità, dovrebbe essere chiaro, che ne so, che sostenere il popolo palestinese non significhi andare direttamente là sul campo, anche perchè bisogna avere capacità non banali, ed invece no.

Non è chiaro per niente ed, ahimè, a molte persone.

Ed è questo "non capire", nel senso più brutale del termine, che sfocia in sillogismi elementari "comunista-barca, poveri-soldi" volti ad inquadrare comportamenti considerati illogici dalle persone che li pronunciano.

Ma la pochezza di questi pensieri si palesa in tutta la sua stupidità quando ci si ritrova davanti ad un esempio come Vittorio Arrigoni, una persona tutto di un pezzo, uno che credeva in certi ideali e li propugnava, uno che voleva aiutare i Palestinesi e per questo viveva in mezzo a loro, a lui i giustizieri dell'ipocrisia dovrebbero erigere un monumento e poortarlo ad esempio a tutte quelle mezze seghe che "parlano parlano e poi c'hanno la villetta". Ed invece no.

Anche per Vittorio frasi come "nullafacente comunista da 4 soldi" o "E' un pacifista? Bene, li convinva con le buone" sono il premio per il suo impegno.

http://www.ilgiornale.it/esteri/gaza_italiano_rapito_salafiti_hamas_liberi_detenuti_o_morira/salafiti-rapito-italiano-gaza-hamas/14-04-2011/articolo-id=517368-page=0-comments=6#1

E qui mi si smorza il sorriso, non per le irriguardose frasi rivolte ad un morto ma perchè capisco che non è l'ipocrisia il problema (pensa che coglione io per un po' ho anche pensato che avessero ragione, che in me e chi la pensa come me ci sia sempre un po' di ipocrisia latente), è il concetto che gli fa schifo a queste persone: l'ugualianza, la giustizia sociale, la cooperazione sono cose noiose, inutili, che gli stanno sulle palle. Meglio il lusso, il potere, la fama.

In fondo non c'è niente di male nell'avere altri ideali, altri obbiettivi diversi da quelli "buonisti" ma non capisco il livore e l'acredine che porta all'insulto pappagalesco (comunista, pacifista) a coloro chei vorrebbero un mondo diverso e si sono impeganti totalmente per provare ad averlo, come Vittorio.

Forse è un modo per pulirsi la coscienza o forse è solo un compiacersi della propria cattiveria, non lo so ma quel che so è che io da oggi ho smesso di sorridere per gli edificanti luoghi comuni di cui sopra. Ho smesso di sorridere.

venerdì 15 ottobre 2010

Ivan

Ivan, deriva dall'ebraico Yohanan che può tradursi con il significato di "dono del Signore" (fonte wikipedia.it). Quando l'altra sera ho visto Ivan appollaiato sulla divisoria dello stadio di Marassi mentre si dimenava come un'ossesso roteando fumogeni e minacciando chiunque si trovasse a portata della sua pupilla che non fosse Serbo (fatto salvo ill portiere della squadra serba Vladimir Stojkovic), mi sono detto: "che razza di regali bizzarri fa il signore". Già perchè non mi sono mai divertito tanto guardando una partita della nazionale. Erano appena passate le 20 e 30 quando, pronto come ogni italiano medio di sesso maschile, mi sono impoltronito di fronte allo schermo pronto a gustarmi l'ennesima partita degli azzurri che, da quando scampo, o mi fanno annoiare o mi fanno incazzare o mi fanno soffrire. Divertire mai ma non è per divertimento che guardo una partita, se mi voglio divertire vado a vedere i pagliacci (op. cit. 1). Con l'animo, quindi, dell'agnello sacrificale ero pronto all'inesorabile suplizio quand'ecco che spunta Ivan.

Ivan è un bambinone cresciutello con la fissa dell'ultranazionalismo, cosa che non mi sconquiffera molto, e del protagonismo, la sua astuzia ahimè è inversamente proporzionale alla forza fisica, basti pensare che si è coperto il volto ma non ha nascosto i tatuaggi, forse non voleva solo farsi riconoscere dalla mamma in Tv ma ora gli dovrà spiegare perchè non torna più a casa, ciò nonostante è riuscito a rallegrare una serata il cui finale sembrava già scritto ma non solo a me, bensì a migliaia e migliaia di persone in Italia.

I primi a benedire il dono del signore sono stati i telecronisti Rai della partita che, a pochi minuti dal fischio d'inizio, stavano elucubrando su come rendere accettabile, al pubblico televisivo, una partita che per contenuti sportivi non sarebbe mai passata alla storia. Ed invece per il gruppo guidato da Mazzocchi è stata una serata memorabile, sembrava che stessero raccontando una battaglia della prima guerra mondiale in diretta. Sono echeggiate urla eccitate del tipo: "ecco la polizia", "entrano gli idranti", "intervista subito Stankovic", "mandate Amedeo Goria in campo" (quest'ultimo evidentemente cazzeggiava negli spogliatoi) "ecco, fanno segno del tre a zero a tavolino" (evvabbè...); poi, per evitare che Mamma Rai gli togliesse la linea (ma quando mai), Mazzocchi ha sostenuto che la partita era stata sospesa ma non definitivamente conclusa ovvero, secondo le fantasie del telecronista, poteva ricominciare da un momento all'altro così, un'ora e passa dopo l'orario ufficiale d'inizio, con lo stadio semivuoto e sugli spalti praticamente solo i Serbi attorniati dalla celere.

La serata è cambiata anche per tutte le redazioni in Italia, sportive e non: mi immagino come se fosse davanti ai miei occhi l'impaginatore della Gazzetta ultrascazzato che, intento a mangiare un pezzo di pizza ed addocchiare un porno, stava preparando numero tre prime pagine, una per l'Italia vittoriosa, una per un mesto pareggio, una per l'Italia sconfitta con polemiche, quand'ecco l'imporvviso cambio di programma, il redattore che entra trefelato e grida "cambia tutto c'è un pazzo enorme che cerca di fermare la partita, preparami un tuttapagina con titolo enorme ed 11 pagine (undici di approfondimento!!!)". Dei giornali non sportivi poi ne vogliamo parlare? Costretti da mesi a raccontarci delle solite pantomime tra Silvio & Co., non avevano trovato troppo ossigeno nemmeno con la storia di Sarah Scazzi (dopo Cogne, Garlasco e Perugia con relativi plastici ed approfondimenti da Vespa e simili l'Italiano medio è oramai assuefatto al torbido) o quella dei minatori cileni (troppo lontani), così si sono stropicciati gl'occhi davanti alla loro nuova Prima Pagina ed hanno lavorato sodo tutta la notte per documentarsi su una storia vecchia, la guerra dei balcani, e questa improvvisa costola o scheggia impazzita arrivata sino a Genova, sulle tifoserie slave ed in generale sulla violenza negli stadi del mondo.

Nuova linfa l'hanno ricevuta anche i politici che non sapevano più che dire e che dirsi visto che da mesi parlano solo di case e di processi brevi, Maroni su tutti che non ha perso tempo a dichiarare che Ivan ha fatto quel che ha fatto perchè non aveva in tasca la carta di credito del tifoso altrimenti sarebbe finita diversamente, non si capisce bene perchè ma ultimamente è un po' a corto di argomenti in merito alla validità della "sua" trovata, poi intimamente ha ringraziato il Signore con un sorriso.

Infine gli Italiani che il giorno dopo hanno potuto riempire la loro giornataccia, di o senza lavoro, di un nuovo argomento da Bar dato che su Silvio & co. non sanno più come scannarsi, su Sarah Scazzi avevano già detto tutti, per via del politicamente corretto, che lo Zio andava torturato e poi ucciso, sui minatori cileni poi non sapevano bene che dire, a parte il solito abbozzo: "chissà quanti soldi faranno con le interviste".


Eh sì non solo io ho guardato Ivan divertito mentre si dimenava e creava tutto questo guazzabuglio o pasticciaccio brutto (op. cit. 2) alla maniera italica, non solo io ero felice di aver trovato una valida alternativa alla partita di qualificazione della nazionale senza dover uscire di casa e senza nemmeno cambiare canale!

Grazie Ivan, dono del Signore.


Citazioni: 1 Nick Horby "Febbre a Novata"

2 Carlo Emilio Gadda "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana"

martedì 5 ottobre 2010

Bilanci

Sono nato il sei ottobre di trentatré anni fa. Sono nato come nascono tutti, umido e urlante. Ho dato subito qualche grattacapo a Mamma e medici quando nel bel mezzo della notte ho deciso di venire al mondo tentando, per curiosità o timore, di uscire allo scoperto con la faccia ed ottenendo ovviamente un pessimo risultato. Così ho obbligato Mamma e medici ad eseguire un cesareo alla volé, in notturna.
Sono passati trentatré anni da quel giorno in cui mi presentai con un pessimo biglietto da visita e si dice che intorno alla mia età sia tempo di bilanci. Ma io di bilanci non ne riesco a fare. Sarà perché ritengo veramente noioso farli, trattare se stessi come se si fosse una S.p.A. o una S.r.l., valutare i più ed i meno e assegnarsi un rating finale per poi piangerci sopra se lo si scopre misero. Sarà perché si pensa sempre al passato (ed eventualmente si spera nel futuro) dimenticandoci di vivere nel presente, quel presente che è l'unica via che ci è concessa. Sarà forse che sono ancora un po' immaturo, condizione che, immagino e spero, ci si possa portare nella tomba senza troppe difficoltà. Sarà quel che sarà, come cantava Josè Feliciano, ma non ci riesco e, detto fra noi, non ci provo nemmeno. Ma ho scoperto che la mia manchevolezza è presto coperta da altri che si piccano di fare il bilancio della mia vita al posto mio. Altri a cui non basta il proprio, vogliono conoscere quello degl'altri, confrontarsi, giocare a chi ce l'ha più lungo. Che persone irritanti (ed inutili per altro). Dove lavori, cosa fai, che voto ai preso alla maturità, ed alla laurea se ce l'hai (io no ad esempio), che macchina guidi, la marca dei vestiti, il conto in banca, etc etc etc, mischiano tutto et voilà, il giudizio è espresso e ben confezionato, pronto per essere sparagliato ai quattro venti tramite molti polmoni che sprecano troppa aria. Tutto frutto di questa società con la fissa per la meritocrazia e le gare manco si fosse all'Olimpiade ogni giorno.
Ecco così che il giorno del mio compleanno diventa un giorno funesto in cui la paranoia di essere attorniato da persone che mi scrutano tentando di capire se ho avuto successo o sono fallito, se sono maturato o meno, se ho messo la testa a posto oppure no, si fa inquietante.
In ogni caso io non so rispondere a certe domande, magari se quel giorno in cui ho deciso di nascere l'avessi fatto convenzionalmente magari saprei dare delle risposte migliori, ma non l'ho fatto e questo è quanto.
Auguri a me e fanculo al bilancio.

mercoledì 24 marzo 2010

Manca poco

Manca poco, Berluskaiser detto il Banana pare abbia i giorni contati, esca o non esca con le ossa rotte dalle regionali, oramai sta trattando la sua uscita di scena in cerca di una via che non lo porti ad Hamamet come quel suo celebre predecessore che tanto si vuole redimere in questi ultimi tempi.
La profezia del lungo addio si sta avverando.
Il Banana è un problema, soprattutto per la destra, perché altri suoi passi falsi potrebbero terremotare definitivamente un castello di carte che ha incominciato a sfaldarsi nella mainfestazione del 21 Marzo con un balletto delle cifre, clamorosamente sbugiardato dalle immagini, di memoria Fantozziana (La corazzata Potëmkin... 18 BOBINE, in realtà solo 75 minuti). Però quel castello di carte è importante perché ha segnalato l'insipienza della politica sinistroidea (un po' finta a dire la verità) italiana ed ha decretato che il pericolo del comunismo in Italia non esiste, non è esistito e non esisterà mai e che se si vuole governare ora la destra è sicuramente la macchina da corsa migliore sulla quale gareggiare per una poltrona in paradiso.
I suoi alleati concorrenti, Bossi e Fini, lo sanno ed hanno iniziato a preparare il campo per prendersi la leadership e non mollarla più per qualche anno. Voglio essere sincero, ero sicuro che Fini non avrebbe avuto rivali, il suo lento ed inesorabile processo di distacco dal Banana e dai suoi deliri mediatici lo sta portando a navigare nel mare calmo placido dei neocentristibuonisti, dove avrebbe voluto navigare Papi ma non ha potuto causa coscienza troppo sporca. Tanto sporca da doversi alleare e stringere patti sempre più compromettenti con una forza populista di matrice intollerante che è la Lega, rinforzata dalla campagna mediatica di paura promossa da media evidentemente controllati (da chi? provate a pensarci). E qui Fini ha un problema perché Boss(ol)i non è solo un bravo surfista, è anche un ottimo preparatore di materiali ed ha capito che non potendo allargare, per ovvi motivi, la propria base clienti agli immigrati, come sta cercando di fare Fini in punta dei piedi ma non troppo, deve accaparrarsi la benevolenza dei bravi cristiani fastidiati dall'odore un po' troppo verace dei clandestini ed infatti si era già recato in visita pastorale, con il suo fido pastore bergamasco, presso sua eccellenza Bagnasco lo stesso che ieri, guarda caso, a due giorni dal voto, ha sentenziato che i credenti devono votare a destra, senza se senza ma, pena l'inferno. Insomma il vantaggio dell'ex simpatiaperlecamicenere si è ridotto di molto e con lo slancio, con aiuto divino, del momento il celounpòmenodurodiprima rischia un sorpasso inaspettato.
Una cosa è sicura il nano è in trappola e vederlo umiliato dall'Umbért, che gl'ha biascicato a bocca storta: "io non t'ho mai chiesto i soldi", m'ha messo un po' di malinconia. Umbert tra l'altro che non ha perso l'occasione di strizzare l'occhio (metaforicamente, non so nemmeno se riesce a farlo giusto com'è) alla chiesa indicando, come unico merito di Silvius, in quasi 10 anni di Governo, l'aver salvato l'Italia dai matrimoni gay, manco fossero la bomba H, e dalla pedofilia (non si sa per quale motivo).
Riassumendo dalle votazioni di questo fine settimana uscirà sicuramente una data che sarà quella dell'uscita di scena del nano e forse anche un vincitore, tra Bossi e Fini, che prenderà in mano l'eredità di un castello di menzogne che governa il paese a cui dovrà sostituire una politica vera senza che gli italiani se ne accorgano, cosa questa che non dovrebbe essere troppo difficile.
Per il resto la Lega sfonderà, il PDL arretrerà di poco, il PD naufragherà, l'UDC resterà stabile, salirà l'IDV e nota molto positiva si inseriranno nuove formazioni nate dalla rete internet. Ricordiamoci che il sig. Obama, il primo Presidente Nero degli Stati Uniti è nato dalla rete, lì si è presentato, lì ha raccolto i fondi e sempre lì sta mantenendo il rapporto con la base elettorale e ciò che sta facendo era impensabile sino a prima della sua elezione. Magari tra pochi anni....

Piccolo aggiornamento, questa foto è stata scattata 0ggi 25 Marzo a Bari ad un comizio di Berlusconi, come si può vedere c'è il solito milione di persone.

giovedì 31 dicembre 2009

Buon anno

Sembra ieri che festeggiavamo il nuovo millenio ed abbiamo già fatto 10.

Dieci anni di guerre, di minacce, di attentati, di pandemie, di morti sulle strade, di morti ammazzati.
Sembra tutto negativo in questo primo decennio, l'Italia che va a rotoli, il mondo che va a rotoli, i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. C'è un solo ottimista, lui, Silvio Berlusaconi, hanno tentato di toglierli il sorriso, con la forza, ma non ci sono riusciti... almeno in parte.

Forse era destino che passassimo un nuovo medioevo, dopo un novecento controverso la piccola fiamma accesasi dopo la fine delle guerre mondiali era troppo debole per ardere a lungo, il nuovo ordine mondiale non è quello della pace e dell'ugualianza ma quello dell'inchino al Dio denaro, della sottomissione alla finanza ed ai poteri forti, dell'assoggetamento alla finzione della occidentalizzazione.

E' andata così e non sembra che ci sia modo di migliorare nel breve periodo.

Buon anno quindi, ma non a tutti, solo:
- a coloro che lottano per difendere il loro posto di lavoro dagli speculatori
- agli immmigrati che rischiano la vita su un barcone per trovare la loro america
- a coloro che hanno perso il lavoro ed ora mangiano alla mensa della carità
- a chi sta male, vorrebbe morire, ma non glielo permettono
- a chi non ha nessuno con cui festeggiare
- a chi è stato fregato dalle banche
- a chi vive in un paese in guerra
- a chi lotta per gl'altri
- a chi ha deciso di spegnere la televisione ed accendere il cervello
- alla mia ragazza, alla mia famiglia, agli amici tutti.

mercoledì 16 dicembre 2009

πάντα ῥεῖ

Ci sono momenti, nella vita delle persone, in cui si scende per strada e ci si accorge il sole illumina qualcosa di nuovo sulla strada che percorriamo ogni giorno: un negozio appena aperto, modelli nuovi di auto, vestiti e pettinature mai viste. Tutto ciò che vediamo intorno a noi muta tanto lentamente quanto inesorabilmente, il mondo seguita a girare su se stesso, senza sosta, e ad ogni giro qualcosa, o qualcuno, nasce e qualcosa, o qualcuno, muore. Nel bene e nel male.
Ci sono momenti, e sono terribili, in cui ci accorgiamo di essere inadatti a questi cambiamenti o semplicemente leggermente "fuori tempo", un po' indietro, come quando mio Papà comprò un videoregistratore e vide la facilità con cui io o mio fratello interagivamo col nuovo strumento mentre lui faticava e cercava, con malcelato fastidio, di capire cosa facevamo seguendo il libretto delle istruzioni. Quello che capitò a mia Papà capita a tutti, anche a me. Intorno a me, a noi, il mondo cambia e non solo nelle cose materiali, negli oggetti che vediamo e tocchiamo, ma cambiano anche le persone, i desideri, le idee, le passioni. πάντα ῥεῖ (panta rei, scrivendolo con l'alfabeto latino) "Tutto scorre" disse Eraclito cinquecento anni prima di Cristo:
« Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va.»
scusate se è poco.

Ho questa immagine in mente: un uomo è sul ciglio del suo fiume e guarda l'acqua che scorre. Questo gli da ansia, vorrebbe toccare tutta quell'acqua ma non lo fa ed essa scorre e non torna più, incomincia a girarsi rigirarsi sempre più agitato, cerca di prendere l'acqua con le mani ma ne prende troppo poca e poi gli scivola subito dalle mani mentre cerca di fermarne altra. Si ferma, si guarda intorno, capisce di non poter fermare l'acqua, da giovane aveva corso sula riva del fiume, si era gettato nello stesso, aveva giocato con l'acqua, ma ora ha la sensazione implacabile di non poterla seguire, si sente inadatto, lento, vecchio.

C'è un'altra frase che mi balugina nel cervello da qualche giorno ed è di Albert Camus:
“Vivere contro un muro, è vita da cani. Ebbene, gli uomini della mia generazione e di quella che entra oggi nelle fabbriche e nelle facoltà, hanno vissuto e vivono sempre più come cani. Grazie alla scienza, grazie soprattutto alla scienza”
l'ho letta in un libro di Leonardo Sciascia, l'ha usata per commentare i motivi che lo avevano spinto a trattare il caso Majorana, in un articolo apparso su La Stampa il 24 dicembre del 1975. Majorana era un fisico geniale che visse il suo apogeo verso la fine degli anni trenta quando scomparve, secondo Sciascia, perché aveva intuito quello che la Fisica avrebbe scoperto e creato e l'umanità avrebbe usato: la bomba atomica, ad oggi la peggiore delle invenzioni dell'uomo. Majorana si dissociò dai continui mutamenti dell'uomo, dalle continue scoperte e sparì, sempre secondo Sciascia, in un Monastero del Sud, nessuno lo trovò più. Rifiutò il cambiamento, lo scorrere dell'acqua.

Un secondo uomo è sul ciglio del suo fiume, guarda l'acqua che scorre, capisce il suo moto, la sua sostanza, il suo essere. Intuisce che il fiume potrebbe uscire e travolgerlo e che tutta la sua intelligenza non basterà per fermarlo tanto nel greto quanto fuori. Si allontana, trova un posto isolato, si siede, si prende la testa tra le mani, incassa il viso tra le ginocchia e decide che non si muoverà più da lì, non andrà più a guardare il fiume.

Le persone che vedo intorno a me, i discorsi che ascolto, le parole che leggo tutto converge verso questo problema quasi esistenziale, il disadattamento o disallineamento naturale dell'uomo nei confronti del naturale evolversi del mondo, il suo trovarsi con i piedi nel futuro e la testa alla disperata ricerca di ciò che è passato, di ciò che non vi è più.

Il primo uomo è ancora lì, a mala pena si è accorto di ciò che ha fatto il secondo uomo, il suo strano comportamento, lui rimane lì a fissare inebetito l'acqua che scorre, vorrebbe seguirla, fermarla, averla. Nemmeno si accorge della sua pericolosità. Allora ha un'idea, o gli viene suggerita, prende un barattolo di vetro e ne racchiude lì dentro un poco, quanto riesce, e la tiene con se. Segretamente consapevole che prima o poi l'acqua evaporerà o puzzerà in maniera nauseabonda, ma comunque felice di averla fermata per un attimo, di poterla tenere con sé. Essa sarà la sua tradizione

martedì 24 novembre 2009

Salutando Rosolino

Quando qualcuno se ne va via, intendo per sempre, parte anche qualcosa dentro di noi. Ieri sera ho ricevuto un messaggio, diceva:"un tratto dell nostra amicizia è morta, ... Rosolo". E' vero: anche le amicizie si nutrono di eventi, luoghi e persone, e quando qualcosa viene a mancare le stesse non si sviliscono ma sicuramente soffrono, nel significato più letterale del termine. Le persone che conosciamo non si limitano ad essere mera scenografia della nostra vita ma diventano attori attivi nella nostra personale tragicommedia e quando un attore se ne va tutta la storia ne risente ed a volte prende anche nuove vie. Vi sono accadimenti infatti che, senza che ce ne accorgiamo, cambiano il corso della nostra vita.
Rosolo a modo suo ce l'aveva cambiata, la vita, già molto tempo fa quando aveva accolto, me e Franz, nella sala della sua trattoria, una delle poche che abbia ancora il diritto di chiamarsi così in Italia e nel Mondo, e, come viandanti che trovano un rifugio dopo un giorno e una notte di cammino, ci eravamo sentiti finalmente a casa, o qualcosa di simile, sin da subito. Poche smancerie, vino a buon prezzo e panini ben imbottiti, non ci sembrava vero. Poi la differenza la fanno le persone e piano piano dal mangiare e bere si è passati, in maniera naturale, a ridere ed a scherzare con Rosolo e gli avventori da osteria, come noi, fino a diventare amici di tutti, fino ad acquisire una una piccola famiglia alternativa con Rosolo capo famiglia.
Quante volte mi sono rifugiato da lui in cerca di quella tranquillità un po' campagnola fatta di bicchieri di vino e chiacchiere appoggiati al bancone, in fuga dal mondo del lavoro e da quella società così ben vestita ed a modo, così ignorante e plastificata, a ridere, a scherzare, a parlare di politca, sport e cronaca, ad ascoltare racconti, un po' allegri ed un po' tristi, di amicizia, di risse, di colossali bevute, di pranzi e cene, di gite, di persone.
Momenti che ho qui con me e che porterò sempre in giro per il mondo ovunque io vada.

Domenica forse è iniziato un nuovo cambiamento, ma questo poco conta oramai, vorrei solo sapere se anche io ho dato qualcosa a Rosolo da portarsi nel luogo in cui è andato o semplicemente da tenersi stretto mentre era ancora in vita. Chissà.