sabato 18 agosto 2007
Condannato a morte in Italia
Ha 28 anni. E' napoletano. E' condannato a morte per aver scritto la verità.
La sentenza l'ha emessa la Camorra, qualcosa che a Napoli è forse qualcosa di più dello Stato, è un ordine precostuito che decide cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa non è giusto, quale sentenza e quale modalità di esecuzione e non ammette gradi di giudizio o ricorsi ne clemenza.
Il condannato si chiama Roberto Saviano.
La pena capitale gli è valsa per aver scritto un libro: "Gomorra".
In questo libro racconta la Camorra, con nomi e cognomi e se ci si pensa bene la sua sola colpa è di aver scritto nero su bianco ciò che tutti sapevano tagliando l'ultimo filo d'erba che nascondeva segreti di pulcinella.
Già perchè lui non è un pentito, un infiltrato, un poliziotto, un politico, un magistrato è un ragazzo comune di nemmeno trent'anni che ha scritto nero su bianco ciò che tutti sanno ma che ne nessuno dice.
Lo sgarro più grande quindi non l'ho ha fatto alla camorra ma a chi dovrebbe garantire la legalità, la giustizia lo ha fatto ai conniventi, ridicolizzandoli.
Se ci pensiamo bene, senza leggere il suo libro, sappiamo bene di cosa parla, magari non sapremo i nomi precisi delle persone, dei luoghi, le date corrette, ma sappiamo bene di cosa ci racconta, ci narra di un cancro, fino ad oggi inestirpabile, sopravvissuto grazie alla violenza, che vive all'interno di un corpo logorandolo senza soluzione di continuità senza ucciderlo, il mito di Prometeo dei giorni nostri.
Roberto Saviano vive sotto scorta.
La sua famiglia è continuamente controllata e per questo Roberto Saviano maledice il giorno in cui ha scritto il libro.
Roberto Saviano si dice che sia un morto che cammina, nella democratica Italia dove la condanna a morte è stata abolita, ma solo per finta.
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