lunedì 23 novembre 2009

Il crocifisso e le radici razionalistiche dell'Europa

Il Cristo in croce è un simbolo, prima di tutto, e nell'etimologia della parola stessa, dal greco σύμβολον súmbolon ovvero "mettere insieme", troviamo il suo significato più profondo. Potremmo disquisire a lungo sul significato religioso, politico, psicologico e sociale senza trovare però il punto focale della questione. Il crocifisso è il raccordo tra due entità: la religione e l'umanità. La croce è il simbolo visivo, un monito impresso in varie forme e colori su un muro, per ricordarci la fede cristiano cattolica. È un monito: non dimenticare. Ci sono vari modi per vivere la spiritualità e la ricerca del mistico ed è per questo che la croce è lì, per ricordarci in quale modo dobbiamo veicolare l’irrazionale.
Gesù di Nazaret fu un uomo, un predicatore ebreo, vissuto duemila anni fa nella provincia romana della Giudea. Le cronache storiche dell’epoca non ci parlano di lui eppure la sua storia e la sua vita sono state talmente importanti, per l’uomo europeo, che la Storia con la S maiuscola la scandiamo secondo la sua nascita di cui è punto centrale. Tutto è avvenuto, per noi occidentali, prima o dopo di Cristo e tutto questo solo sulla base dei vangeli: i quattro ufficiali di Marco, Matteo, Luca e Giovanni, più una ventina di apocrifi ed un'altra decina tra ipotetici o perduti.
Morì sulla croce, Gesù di Nazaret, ucciso tecnicamente dai romani, anche se la colpa fu data agli ebrei, gli stessi romani che trecento anni più tardi, sotto il regno di Costantino I (e Licinio), con una mossa più politica che spirituale smetteranno le persecuzioni nei confronti dei cristiani e lo eleggeranno ufficialmente come Messia, figlio di Dio, la di cui parola avrebbe portato in mezzo agli uomini durante la sua breve vita. E sulla base dei vangeli, concilio dopo concilio, da Nicea, presieduto da Costantino I (si vede immagine in basso a sinistra con i Padri del Primo Concilio di Nicea che mostrano il Credo, al centro l'Imperatore), in poi, il clero, gli uomini a lui votati, costruirono prima una religione, fatta di moniti e regole di comportamento derivati dalla parola di Gesù, eleggendo l’agonia dello stesso come simbolo più alto del loro credo, poi uno Stato con il suo re, la sua corte, il suo popolo, il suo esercito e le sue terre, in Europa, in Italia, a Roma. Perché il culto di Gesù, ebreo, si spostò proprio in Roma eleggendola come capitale? Quando Gesù disse la frase: “Su questa pietra costruirai la mia chiesa” specificò un luogo? E Pietro dopo aver gironzolato per il medioriente con sempre alle calcagna i romani pronti a fargli la pelle, perché scappando si rifugiò proprio a Roma (dove Nerone gli fece la pelle)? Era un problema politico o semplicemente un’attrazione fatale verso la città eterna? I vangeli e gl'atti degli apostoli non specificano nulla in merito e naturalmente non è un problema che si sono posti i credenti, certo è che la Chiesa Romana Cattolica, una volta legittimata con l'Editto di Milano, non si limitò a dirigere un culto ma creò, come detto, uno Stato, con l’accordo delle autorità imperiali, e si scagliò anche contro tutto ciò che aveva intorno e che poteva, anche solo lontanamente, nuocerle: prima le eresie, poi lo scisma dalla chiesa ortodossa, infine la perenne lotta contro Islam (le crociate cristiane, la guerra santa dell’islam).
Ecco quindi che Gesù in croce diviene "il crocifisso" ovvero il simbolo, di nuovo lui, di un modo di credere ed anche di un potere. L’uomo Gesù inchiodato alla croce, la sua presunta natura umana e divina, la sua agonia sono il simbolo della religione cattolica e del suo predominio sull’Europa iniziato e continuamente cresciuto dopo i fatti appena accennati.
Ora, dopo secoli, qualcuno intende chiamare tradizione la credenza religiosa derivata dai poco chiari fatti appena descritti. Evitando di affondare ulteriormente il dito nella piaga (mai metafora fu più azzeccata) atteniamoci alla linea etimologica fin qui tenuta cercando di chiarire cosa significa la parola tradizione, dato che il suo significato può essere vario, anche a seconda dei campi in cui lo si applica: la parola deriva dal latino traditiònem a sua volta derivante da tràdere = consegnare, trasmettere. Tradizione è ciò che noi riceviamo e trasmettiamo. Ma il termine tradizione è anche inteso come consuetudine ed anche se i due significati possono essere in relazione la loro fondamentale differenza sta nell'attivismo della trasmissione e nel passivismo di quest'ultima. Trasmettere infatti presuppone un'azione, il recepimento di qualcosa che a sua volta deve essere portato da un soggetto attivo verso un'altro soggetto affinché lo stesso lo recepisca ed effettui la stessa azione in processo che può durare all'infinito, fino a quando perlomeno in questo circolo virtuoso non si inserisce un soggetto passivo, ed il concetto di attivo poi è importante in quanto il soggetto che trasmette non è semplice trasportatore ma è implicato anche in un processo di azione diretta sul soggetto trasportato. La consuetudine invece è passiva, è l'accettazione e la messa in pratica di stilemi prestabiliti, non prevede attività di sorta se non quella del ricevere, acriticamente, e necessità di simboli che leghi i soggetti che praticano la consuetudine a coloro che ne decidono la sostanza.
Si potrà ben intuire come la Religione Cristiano Cattolica, come tutte le religioni del resto, sia un tipo di tradizione consuetudinaria, coloro che la praticano non devono ne pensare ne decidere a loro è solo richiesto di credere e quindi di ricevere. Resta solo da capire se in Europa esiste anche una tradizione che si rifà al significato primo della parola stessa, al concetto ciò di trasmissione attiva. Naturalmente c'è ed è ben più antica e profonda rispetto a qualsiasi religione moderna, diffusa in Europa o meno, ed è il razionalismo. Il razionalismo (dal termine latino ratio, "ragione") è una corrente filosofica basata sulla tesi che la ragione umana può in principio essere la fonte di ogni conoscenza (cit. wikipedia.it). La sua origine risale sin ai tempi dei filosofi ellenici: Talete di Mileto, ad esempio, studiò le proporzioni fra le grandezze geometriche ed astronomiche ed iniziò a portare questo modo razionale di pensare anche in campo filosofico (cit.: wikipedia.it). Ma anche Pitagora, sempre intorno al VI a.c. intuì che attraverso i numeri era possbile spiegare una moltitudine di cose.
Fu però con la scuola di Atene che il razionalismo prese la sua forma concreta. C'è un bellissimo affresco di Raffaello nei palazzi Vaticani, in esso è raffigurata una grande scena con all'interno molti filosofi e matematici: Eraclito, Euclide, Pitagora, etc; al centro Platone ed Aristotele.


"Platone, dipinto con le sembianze di Leonardo da Vinci, regge in mano la sua opera Timeo ed indica il cielo con un dito (indicando l'iperuranio, zona d'essere oltre il cielo dove risiedono le idee), mentre Aristotele regge l'Etica e rivolge il palmo della mano verso terra rivolgendosi al mondo terreno e alla volontà dell'uomo di studiare il mondo della natura e di essere in contatto con essa." (fonte wikipedia.it)
Platone ci parla dell'iperuranio, dell'irrazionale, della nascita del pensiero in un luogo lontano da noi e, forse, vicino ad un dio, Aristotele invece ci parla di razionalità, di scienza, della capacità infinita dell'intelletto umano.
Forse in quel momento storico, così ben riportato da Raffaello, nacque il Razionalismo che divenne a breve "tradizione" nel primo significato che abbiamo dato. I razionalisti infatti, durante tutti i secoli sino a noi, tramandarono le loro teorie, studiarono e svilupparono le loro capacità in centinaia di campi diversi, per la maggior parte molto utili all'uomo, dalla matematica alla medicina, dalla geometria all'arte, dalla biologia all'ingegneria meccanica ed elettronica.
Personalità che hanno dato un veemente sviluppo alla Storia dell'uomo si sono susseguite nei secoli da Aristotele in poi, i filosofi come Bacone, Hobbes, Leibniz, Spinoza, Montesquieu, Voltaire, Kant, scienziati ed artisti come Michelangelo, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Cartesio, Newton sino ad arrivare a Popper.
Questa è la vera tradizione Europea, ed è grazie a questi campioni della mente che, insieme a centinaia di altri che per motivi di spazio non posso enunciare, hanno posto i loro neuroni al servizio della conoscenza ed hanno tramandato la loro filosofia e le loro scoperte anche mettendo a repentaglio la loro vita (Galileo Galilei vi dice qualcosa?) se oggi noi europei, credenti o meno, ce ne andiamo in giro nella nostra bella macchinina con l'aria condizionata, se parliamo con un tizio dall'altra parte del mondo camminando per strada con un aggeggio in mano, se io seduto nel mio ufficio batto le dita su dei piccoli pezzetti di plastica appoggiati su un grande pezzetto di plastica a cui attaccato un filo che si attacca chissà dove e, come per incanto, le parole che ho in mente schizzano in tutto il mondo e chiunque ora può leggere, e scoprire, che sto parlando contro il crocifisso nelle scuole e che tutto questo lungo preambolo era funzionale al concetto espresso così all'improvviso.
Leggete bene, non contro il crocifisso, ma contro il crocifisso nelle scuole.
E se non vi è chiaro il perché ve lo paleso: come appena spiegato non è vero che la nostra tradizione Europea è cattolica ma bensì razionalistica e non vi è luogo più adatto alla consacrazione di essa se non proprio nella scuola dove vanno banditi tutti i simboli religiosi ed appesi alle pareti le gigantografie dei premi Nobel, la foto di squadra degli scienziati del Cern, degli scrittori, dei matematici e, visti i tempi, degli informatici che hanno cambiato la nostra era.
Tutto il resto è consuetudine, che non va studiata e quindi il suo luogo non è la scuola, ma assorbita da coloro che ne sento il bisogno, la necessità o che semplicemente lo credono giusto.

La Scuola è il luogo dove deve trionfare la ragione e non l'irrazionale.

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